DR. LAVINA, AL SERVIZIO DEI POVERI

DR. LAVINA, AL SERVIZIO DEI POVERI

In occasione della festa della donna, oggi vi raccontiamo della dottoressa Lavina, una “Storia dell’altro mondo” piena di empowerment e d’ispirazione per tutte le donne che vivono in contesti difficili.

La Dottoressa Lavina è una giovane ed entusiasta fisioterapista che ci racconta come i bambini di Navchetan le danno nuova speranza e di come la abbiano motivata a vedere il suo lavoro come un servizio per la società: “Non ho solo compreso le varie sfide della società, ma mi sta anche aiutando a migliorare come persona”.

Ecco il suo racconto:  

“Ho lavorato con i bimbi di Navchetan nell’ultimo anno, quando ripenso al mio percorso sin qui mi rendo conto che non è stato altro che una benedizione. Sono entrata in contatto con il progetto grazie ad una vicina. È stato il mio primo incarico come fisioterapista subito dopo la laurea. Ho iniziato subito a lavorare con alcuni bambini meravigliosi come Naman, Sachin, Ronak, Subham e Mayank ecc. Come suor Vandana ricorda a tutti noi spesso, non è solo un lavoro, ma è un servizio nei confronti dei più poveri fra i poveri della società. Non ero mai stata in uno slum, ma il servizio di cure a domicilio mi ha permesso di visitare lo slum e di conoscere le difficoltà delle persone nelle diverse sfere. Ogni persona che ho conosciuto aveva qualcosa da insegnarmi per la vita. Quando vedo le sorelle lavorare con abnegazione, prendo l’ispirazione per impegnarmi sempre di più. Ho imparato a mettere la società al primo posto.

Dopo un costante duro lavoro e sforzi instancabili di 7/8 mesi, quando ho visto Sachin fare pochi passi in autonomia, mi ha dato immensa gioia e soddisfazione e mi ha motivato ad aiutare a migliorare anche gli altri bambini. A volte ero impaziente e scoraggiata, ma quando vedevo piccoli miglioramenti in Ronak, Purthi, Lakshya, Palak e Mayank, sentivo che il mio duro lavoro stava ripagando. Quello che voglio per questi bambini è renderli indipendenti nelle loro attività quotidiane, così che possano vivere nella società sicuri di sé.

Lavorando al progetto di Navchetan non ho solo compreso le varie sfide nella società, ma mi sta anche aiutando a migliorare come persona. Trovo molta felicità nel fare del servizio utile alla società. La gioia che ricevo quando incontro dei bambini con mobilità ridotta è toccante per la mia anima. Sono felice di aver scelto questo lavoro e anche fortunata di esser stata scelta per servire la società come fisioterapista professionale.”

Grazie dott.ssa Lavina per le tue parole di speranza e per il tuo impegno quotidiano come fisioterapista a Navchetan!

Grazie al tuo lavoro e al supporto dei nostri sostenitori i nostri bambini possono continuare a migliorare e a diventare sempre più sicuri di sé.

SONAM, VERSO L’AUTONOMIA

SONAM, VERSO L’AUTONOMIA

 

Iniziamo la nostra nuova rubrica “STORIE DELL’ALTRO MONDO” con la storia di Sonam, dall’India. Con queste storie vogliamo condividere con voi dei segni di speranza da quei contesti dove la speranza sembra non poter esistere … per dimostrare che un mondo migliore è possibile!

Ecco la storia di Sonam, una ragazzina di 16 anni con ritardo mentale che la famiglia ha sempre considerato un problema, ma ora grazie a Navchetan collabora nelle faccende domestiche ed è un aiuto per tutta la sua famiglia!

Sonam Prakash è una ragazzina di 16 anni muta e con un leggero ritardo mentale. Quando è stata trovata dal nostro staff non era in grado di adempiere alle quotidiane attività di igiene e cura personale e viveva in uno stato di depressione a causa dell’incapacità di comunicare. Grazie al nostro programma a Navchetan ora sa scrivere il suo nome, frequenta la scuola assieme ai suoi compagni e riesce a lavarsi e vestirsi autonomamente.

È nata l’1 Gennaio 2006 da Mr Prakash e Mrs Bimla, ultima di cinque figli. Ha tre fratelli maggiori di cui due già sposati a una sorella maggiore. È nata in casa, nello slum di JawharNagar, tramite un parto normale grazie all’aiuto di una levatrice. La bambina però una volta nata non ha pianto ed è nata con la sacca amniotica. La madre ha sofferto di emorragie per i tre mesi successivi al parto ed era molto debole e anemica sin dalla gravidanza. Sonam è stata tenuta in incubatrice per una settimana ed i dottori hanno diagnosticato che aveva i nervi cerebrali gonfi e quindi presentava delle anomalie. All’età di tre anni è poi caduta dal terrazzo riportando un infortunio alla testa e alla spina dorsale. Sonam è muta ma fisicamente in salute e riesce a sentire.

Date le condizioni di povertà e di ignoranza della famiglia, nessuno ha mai considerato di provvedere alla salute della bambina nè dal punto di vista mentale nè psicologico. Non veniva lavata regolarmente e nemmeno vestita appropriatamente. La loro casa era molto piccola e non vi era privacy, quindi lei non sembrava avere il minimo senso del pudore. Per questi motivi ha subìto anche abusi sessuali da bambina ed era molto depressa poiché non riusciva a comunicare con nessuno.

Sonam è stata identificata dallo staff di Navchetan e registrata nel progetto a Maggio 2019. Nonostante a casa avesse due genitori, una sorella maggiore e due sorellastre, nessuno si è mai preso cura della sua igiene. Quindi il primo obiettivo dello staff di Navchetan è stato renderla in grado di prendersi cura della propria igiene personale attraverso l’insegnamento di attività quotidiane (ADL). Le è stata data una saponetta, un asciugamano e un paio di vestiti per potersi lavare e vestire. All’inizio le sorelle stavano con lei per spiegarle come pulirsi da sola, poi le hanno insegnato a lavare i suoi vestiti e a farli asciugare al sole. Lentamente le hanno poi insegnato a spazzolarsi i capelli, lavarsi i denti e vestirsi.

Lo staff ha poi assistito la famiglia nella preparazione dei documenti necessari per ottenere il certificato di disabilità e la pensione dallo Stato di 750 Rs. Al mese. Nel 2021 è stata ammessa alla scuola statale a Mukesh Nagar. Ora è nella classe 4, nonostante non sappia leggere e scrivere. Ha ottenuto la borsa di studio dalla scuola stessa oltre che rientrare nelle distribuzioni di cibo organizzate in occasioni particolari.

Dopo due anni di pausa dovuti al coronavirus, quando il centro è ripartito abbiamo definito un obiettivo di formazione professionale per tutti i ragazzi adolescenti. Lei non era interessata a cucire vestiti o ad alcuna attività artigianale. Dal momento che la sua famiglia è impegnata in lavori di pulizia della casa, abbiamo cercato di insegnarle attività domestiche come tagliare le verdure, lavare i piatti, spazzare i pavimenti, preparare il cibo, servirlo in tavola ecc. Le è stato insegnato anche a scrivere il suo nome.

Ama la musica e la danza. Quindi ogni giorno prende parte alle danze con i bambini più piccoli per divertirsi.

Oggi troviamo una Sonam autonoma, maturata, che è in grado di mantenersi pulita da sola e di adempiere a tutte le attività domestiche nel migliore dei modi. Le è anche stata data l’opportunità di partecipare a recite e balletti. Le piace truccarsi e vestirsi per le occasioni importanti. Adora venire al centro, che costituisce per lei l’occasione per imparare nuove attività da svolgere autonomamente, oltre a divertirsi molto.

Ringraziamo tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile tutto questo, senza il vostro aiuto Sonam sarebbe ancora chiusa in casa sua, depressa e senza nessuna prospettiva, ora invece è una ragazza vivace alla quale si sta aprendo il futuro davanti! Grazie!

URMILA, UN MODELLO DI EMANCIPAZIONE FEMMINILE

URMILA, UN MODELLO DI EMANCIPAZIONE FEMMINILE

In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne vogliamo proporvi la storia di Urmila, una storia di forza e di auto-determinazione, un grande esempio di emancipazione femminile, che viene da una baraccopoli di Jaipur dove lavora con i bimbi disabili del nostro programma Navchetan.

Abbiamo conosciuto Urmila nel 2019. Si è presentata alle selezioni per il posto vacante di Riabilitatore su Base Comunitaria presso il nostro programma Navchetan , a Jaipur, in India.

UNA FAMIGLIA TROPPO TRADIZIONALE

Urmila aveva due bimbi di 3 e 5 anni e viveva con loro nello slum di Jawahar Nagar, vicino alla famiglia del marito. La famiglia del marito è molto tradizionale e non voleva assolutamente che Urmila uscisse dallo slum, men che meno che andasse a lavorare… “che mamma degenere, e poi chi ci pensa ai figli?”, queste erano le frasi che le rivolgevano quando provava ad accennare a questi argomenti.

IL CORAGGIO DI UNA SCELTA

Un giorno di giugno 2019 ha preso coraggio ed è andata di nascosto a fare il colloquio, il nostro staff la ha incontrata e lei ha confessato in tutta onestà di non aver mai lavorato e di non aver mai avuto a che fare con persone con disabilità. Per questo motivo sono state selezionate altre persone, che però hanno poi dimostrato di avere molti pregiudizi nei confronti delle persone con disabilità, considerandole di una “casta” inferiore (in India, soprattutto negli slum, sono ancora molto diffuse, purtroppo, le divisioni in caste). A settembre 2019 Urmila ha ricevuto una chiamata da Lavina, la nostra coordinatrice, che le proponeva di andare a fare una prova. Urmila era al settimo cielo, ma anche molto preoccupata per due motivi: aveva paura di non essere in grado di relazionarsi bene con le persone con disabilità e la preoccupazione più grande era sicuramente quella che la famiglia di suo marito la scoprisse … in fondo doveva proprio andare a lavorare con le famiglie del suo slum, è vero che è uno slum immenso ma le voci girano e prima o poi lo avrebbero scoperto …

L’INIZIO DI UNA NUOVA AVVENTURA

Ha inizio così l’avventura di Urmila con Navchetan, un po’ titubante e un po’ preoccupata ma anche molto entusiasta per questa nuova sfida. Ha iniziato ad andare in giro con il nostro staff a incontrare le famiglie dei bimbi con disabilità dello slum e immediatamente hanno notato quanto fosse disponibile e amorevole con tutti, senza alcun pregiudizio. E’ stata subito assunta ed è stata affiancata per i primi mesi, per formarla sulla disabilità e soprattutto per mostrarle come supportare le famiglie nel vedere riconosciuti i loro diritti, anche accompagnandole direttamente nei vari uffici e ospedali della città.

La prima volta che è stata negli ospedali o al grande centro di Mahaveer era terrorizzata all’idea che avrebbe poi dovuto essere lei a portare le famiglie in quei posti così caotici, ma poi col passare del tempo ha preso confidenza ed è diventata lei la referente per le famiglie del territorio, pian piano si rivolgevano tutti a lei per tutto quello che riguardava la disabilità e lei sentiva di essere riconosciuta nel suo lavoro, di avere un valore.

I PROBLEMI CON IL MARITO E LA FAMIGLIA

Come aveva temuto fin dall’inizio, la famiglia del marito non ci ha messo molto a scoprire del suo nuovo lavoro. Il marito si è arrabbiato moltissimo e hanno avuto delle liti furiose, i parenti non potevano sopportare l’onta di una “madre lavoratrice”. Ma Urmila ormai, dopo aver iniziato a lavorare per vedere riconosciuti i diritti dei bimbi con disabilità, aveva capito di avere anche lei dei diritti, e ha scoperto di voler combattere anche per sé stessa e per i suoi diritti.

Ha quindi continuato a lavorare per Navchetan nonostante quello che dicevano i parenti e le liti col marito, hanno avuto parecchi momenti di tensione a casa e il loro matrimonio sembrava davvero a rischio. Urmila però ha sempre tenuto duro ed è arrivata a dire al marito che se la metteva in condizioni di scegliere tra lui e il suo lavoro lei avrebbe scelto il lavoro, ormai si sentiva più in famiglia quando lavorava con Navchetan che con i suoi parenti.

IL RISCATTO DI URMILA

Col passare del tempo, Urmila ha iniziato a guadagnare i soldi e con quei soldi ha potuto permettersi di mandare i figli a scuola e garantire loro una buona educazione, e mentre loro erano a scuola aveva inoltre la possibilità di lavorare senza sentirsi troppo in colpa per la sua assenza. Grazie al suo stipendio è riuscita inoltre a terminare gli studi e a conseguire il diploma. Per conto di Navchetan coordina anche gli incontri delle famiglie ed è diventata la leader di alcuni di questi gruppi, quindi ora quando va in giro nello slum è molto conosciuta e rispettata.

Vedendo quanto è riconosciuta nello slum, anche la sua famiglia ha finito col rispettarla e con l’ammettere che ha fatto la scelta giusta e che anche lei può essere una risorsa preziosa non solo per la sua famiglia ma per tutta la comunità.

Una storia potente di testimonianza da parte di Urmila per tutte le donne nel mondo che stanno combattendo per i propri diritti!

SVILUPPO INCLUSIVO SU BASE COMUNITARIA (SIBC)

SVILUPPO INCLUSIVO SU BASE COMUNITARIA (SIBC)

Lo Sviluppo Inclusivo su Base Comunitaria (SIBC) è una strategia di sviluppo che mira ad assicurare alle persone con disabilità il rispetto e l’inclusione nelle loro comunità su basi eque in tutte le aree della vita. E’ centrato sulle persone, guidato dalle comunità e basato sui diritti umani.

Lo SIBC è un contributo essenziale alla vision di NHI e un approccio chiave per realizzare la Convenzione dei Diritti delle Persone con Disabilità senza lasciare nessuno indietro anche nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili. Lo SIBC è la naturale evoluzione della Riabilitazione su Base Comunitaria (RBC) avviata dall’OMS a seguito della Dichiarazione di Alma-Ata nel 1978 nel tentativo di: migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie; soddisfare i loro bisogni di base; assicurarne l’inclusione e la partecipazione.

In tutti i nostri progetti nel settore della disabilità applichiamo questo approccio e tutti i nostri programmi di RBC si stanno ora integrando come programmi di SIBC.

COSA FA LO SVILUPPO INCLUSIVO SU BASE COMUNITARIA?

Sebbene inizialmente fosse una strategia per aumentare l’accesso ai servizi di riabilitazione in contesti con risorse limitate (come ex-RBC), lo SIBC è ora un approccio multisettoriale che lavora per migliorare la parità di opportunità e l’inclusione sociale delle persone con disabilità, combattendo nel contempo il ciclo perpetuo di povertà e disabilità, lavorando con e attraverso i gruppi locali e le istituzioni.

Lo SIBC viene implementato attraverso gli sforzi combinati delle persone con disabilità, delle loro famiglie e comunità e dei servizi sanitari, educativi, professionali, sociali e di altro tipo governativi e non governativi (definizione OMS).

Questo approccio è orientato alle sfide sperimentate dalle persone con disabilità, le loro famiglie e comunità in modi pratici. Ad esempio offre l’opportunità di entrare a far parte dei gruppi di auto-mutuo-aiuto o di attività di sussistenza. Nell’attuale contesto e orientamento per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per l’Agenda 2030, lo SIBC è sempre più rilevante.

Come per la precedente RBC, anche i programmi di SIBC possono includere attività di salute, educazione, sussistenza, sociali o di empowerment, lavorando strettamente con i partner locali, i governi locali e le associazioni per portare cambiamento. Lo SIBC promuove in particolare la partecipazione e la voce delle persone con disabilità nei processi decisionali a livello locale. Nelle aree ad alto rischio lo SIBC include attività che orientano le comunità alla preparazione e resilienza per i momenti in cui accadono disastri.

IL NOSTRO STAFF                                                  

In questo tipo di approccio grande merito va dato al nostro partner, la Fondazione don Carlo Gnocchi, che ha un’esperienza pluriennale in questo campo in diversi paesi. Ci stanno supportando nel campo della disabilità in Myanmar e stanno formando tutto il nostro staff anche su questo tipo di approccio aiutandoci a trasformare tutti i nostri progetti sulla base di questi principi. Una collaborazione davvero preziosa!

Anche in India stiamo seguendo gli stessi principi e stiamo formando il nostro staff su questo tipo di approccio.

Crediamo fermamente che per costruire forti comunità serva focalizzarsi su un equo accesso a servizi di qualità e sulla partecipazione civica mirata a supportare le persone con disabilità, le loro famiglie e organizzazioni, per partecipare a pieno alla vita sociale, economica e politica delle loro comunità.

Quindi per noi lo SIBC è un contributo essenziale alla nostra Vision per una reale Nuova Umanità nella quale le persone con disabilità vedano riconosciuti i loro diritti e raggiungano il loro pieno potenziale.

CENTRI ANGANWADI, UN SUPPORTO DI COMUNITÀ

CENTRI ANGANWADI, UN SUPPORTO DI COMUNITÀ

Sunita AnganwadiGrazie alla collaborazione con i centri Anganwadi, nelle baraccopoli, possiamo garantire un futuro migliore per i bimbi con disabilità supportati dal nostro programma Navchetan, a Jaipur, in India.

I centri Anganwadi in India sono nati nel 1975 con l’intento di contrastare la malnutrizione e la mortalità infantile. Anganwadi significa letteralmente “rifugio di cortile”, e si tratta di veri e propri centri (spesso una sola stanzetta) in cui le future mamme e le neomamme possono trovare rifugio e aiuto. Inizialmente nati nei contesti rurali, ora sono diffusi anche nei contesti urbani sovraffollati, come le baraccopoli. Il piano governativo ne prevede uno ogni 1000 abitanti.

Il nostro centro Navchetan collabora con i centri Anganwadi presenti nelle baraccopoli dove lavora e il servizio che svolgono è sorprendente.Bambini Anganwadi

Abbiamo visitato a luglio un centro Anganwadi nello slum di Jawahar Nagar, da dove provengono quasi tutti i bambini del nostro programma. In questo centro ci sono 4 operatori: una maestra, due aiutanti e una tata per i bimbi piccoli. Oltre a loro è collegato al centro anche un “ASHA worker” (Accredited Social Health Activist), ovvero un operatore sanitario di comunità che si occupa di educazione sanitaria, tramite vaccinazioni e prevenzione.

Mamme AnganwadiLe 4 operatrici del centro organizzano un piccolo asilo tutte le mattine per le mamme lavoratrici dello slum, fino alle ore 14. In tutto 30 bambini frequentano il centro, di cui 22 sopra i tre anni e 8 più piccoli.

Presso il centro si sviluppa anche un programma per le donne in gravidanza che supporta la nutrizione nel periodo della gestazione e fino a 15 giorni dopo il parto sia per il neonato che per la mamma. In questo programma si incontrano le mamme giornalmente sia per la distribuzione degli alimenti che per la sensibilizzazione sui temi sanitari e di prevenzione.Opuscolo Anganwadi

Inoltre per prevenire le complicazioni dovute alle condizioni igieniche dei parti in casa il programma governativo prevede un contributo di 1.000 rupie ad ogni mamma che decide di partorire in ospedale.  In aggiunta, in caso di figlia femmina, il governo mette a disposizione della nascitura 15.000 rupie che verranno sbloccate solo al suo 18esimo compleanno, generalmente usate per i matrimoni. In questo modo si vincola l’età del matrimonio e si limitano i matrimoni in età infantile.

Sunita, la maestra responsabile del centro che abbiamo visitato, è una donna instancabile che va tutti i giorni al centro anche fuori orario e che cerca di aiutare in ogni modo possibile gli abitanti dello slum. Per questo motivo ha iniziato la collaborazione con il nostro centro, e orienta alcuni genitori di bimbi con evidenti ritardi nello sviluppo o qualsiasi accenno di disabilità a rivolgersi a noi.

Bimbi AnganwadiPer noi la collaborazione con questo e gli altri centri Anganwadi è preziosissima perché ci permette di avere delle antenne sul territorio in caso di insorgenza di nuovi casi, oltre ad essere un indispensabile intermediario per la nostra campagna di sensibilizzazione del territorio sulla prevenzione e sui diritti delle persone con disabilità.

Grazie a queste collaborazioni possiamo sperare di incidere veramente sulla vita dei bambini che assistiamo e di poter creare per loro un futuro migliore.

Grazie a Sunita per il suo lavoro instancabile e a tutti i centri con cui collaboriamo!

AARTI: AL SERVIZIO DEGLI ULTIMI

AARTI: AL SERVIZIO DEGLI ULTIMI

Aarti lavora con i bambini con disabilità del nostro centro Navchetan, in uno slum di Jaipur, in India. Ha scelto questo lavoro perchè, come dice lei, le permette di “mettersi al servizio degli ultimi tra gli ultimi”. Riportiamo qui la sua intervista in cui ci parla dei miracoli a cui ha assistito in questi anni.

Aarti è una nostra riabilitatrice su base comunitaria che lavora nella baraccopoli di Jawahar Nagar, dove lei stessa vive, al servizio delle famiglie che hanno un bimbo con disabilità. Ha iniziato a lavorare per Navchetan nel 2019 e da allora aiuta oltre 50 famiglie a vedere riconosciuti i loro diritti, registrandosi per ricevere i sussidi statali e gli ausilii, oltre che gestire una classe di educazione speciale con i bambini in età da scuola primaria che frequentano il centro. Era ancora un’adolescente quando ha iniziato a lavorare con noi, aveva solo 19 anni, e ora è una donna determinata che ha anche intrapreso un nuovo percorso di studi, grazie allo stipendio che percepisce, perchè il suo lavoro nel campo della disabilità possa essere sempre più efficace.

Ecco la sua testimonianza.

“Mi chiamo Aarti, ho 23 anni e ho conosciuto Navchetan quando ne avevo solo 19, a giugno del 2019. Me ne ha parlato mia sorella dicendo che offrivano lavoro e quando poi suor Divya mi ha presentato il centro durante il colloquio ho pensato che non fosse solo un’occasione di lavoro, ma un’occasione per servire gli ultimi tra gli ultimi: i bimbi con disabilità.

Prima del mio arrivo erano state selezionate altre due persone che se ne erano andate in breve tempo perché non riuscivano a gestire i bambini e quindi mi sono chiesta come mai, mi è stato risposto che avrei dovuto fare di tutto: pulirli, trasportarli e qualsiasi necessità… e mi hanno quindi chiesto se me la sentivo. Io ho accettato dicendo che ero pronta a tutto.

Mi hanno ispirata fin da subito il lavoro e la dedizione delle suore verso i bambini. Ho assistito in questi anni a dei veri miracoli. Ad esempio Sachin e Naman all’inizio non erano nemmeno in grado di afferrare il cibo, ora mangiano autonomamente e riescono perfino a mangiare col cucchiaio e bere dal bicchiere. Sachin è arrivato perfino a camminare!

Quando visito le famiglie racconto sempre queste cose per stimolare l’interesse dei bimbi e dei genitori a venire al centro, così che possano fare dei veri progressi.

Visito regolarmente tutte le famiglie dei bimbi e quasi tutti sono entusiasti dei risultati che i bambini stanno ottenendo. Supporto le famiglie aiutandole a fare i certificati per ottenere i sussidi statali e ora sono proprio contenta del mio lavoro perchè nello slum ormai mi rispettano tutti.

All’inizio ero un po’ intimorita ma le suore pian piano mi hanno mostrato come fare tutto e nel giro di pochi mesi sono diventata autonoma nel mio lavoro. Adesso quasi tutti i bimbi che vengono al centro hanno tutti i documenti a posto e hanno ottenuto il certificato, alcuni di loro non erano nemmeno mai stati registrati all’anagrafe e quindi era come se non esistessero per il governo, ora invece, grazie al nostro intervento, hanno perfino diritto ad un sussidio statale!

Incontriamo qualche difficoltà nel lavoro soprattutto per via della distanza del centro dallo slum, quindi alcuni genitori si preoccupano a mandare i bambini lontano da casa, anche se la maggior parte comunque vede quanto il centro aiuti i propri figli e decide di mandarli lo stesso.

Le situazioni più complicate le affrontiamo quando in una famiglia ci sono anche uno o entrambi i genitori con qualche disabilità, spesso mentale, e quindi è difficile poter intervenire efficacemente sui bambini.

Sono molto contenta di questo lavoro perché ho potuto essere testimone di tanti miracoli e vedere tanti progressi nei bambini in questi tre anni, prima di lavorare per Navchetan non uscivo mai di casa e non andavo da nessuna parte, avevo paura a uscire dallo slum, ora invece conosco tutta la città e ho la confidenza necessaria per accompagnare le famiglie nei vari uffici e ospedali.

Venendo al centro ho scoperto cosa sia l’educazione speciale e ho quindi deciso di fare domanda alla scuola per educatori speciali, che mi ha appena accettata. Così potrò diventare sempre più brava nel mio lavoro ed aiutare sempre di più i bambini con disabilità.”

Non possiamo che ringraziare Aarti e ritenerci fortunati di essere riusciti a scovare una risorsa così preziosa nello slum, una persona pronta a mettersi al servizio degli ultimi.