Martedì scorso, 28 giugno, la nostra desk officer Francesca Benigno ha presentato il caso Myanmar in occasione del convegno “I padroni della terra” organizzato presso il Senato della Repubblica Italiana per la presentazione del V rapporto di Focsiv sul Land Grabbing a livello mondiale.

Dopo aver partecipato alla campagna “Abbiamo riso per una cosa seria” organizzata da Focsiv, grazie alla quale i nostri volontari hanno venduto il riso per supportare il nostro progetto di agro-forestazione nello stato Shan, siamo stati invitati a presentare il nostro progetto nel corso di questo convegno per esporre il caso del land grabbing in Myanmar e quello che stiamo facendo concretamente con i nostri training sulla proprietà delle terre.

È difficile misurare la portata del fenomeno del Land Grabbing in Myanmar in quanto non esistono dati affidabili né un registro nazionale delle acquisizioni. Tuttavia è certo che si parli di milioni di acri, e quindi di un fenomeno che interessi milioni di persone. Le stime fatte dai principali enti di ricerca parlano di cifre comprese tra i 5 ed i 6 milioni di acri confiscati, a cui si dovrebbero sommare le terre abbandonate dalle centinaia di migliaia di sfollati e occupate dal governo.

Francesca ha esposto diversi dati molto interessanti, senza però poter approfondire troppo la situazione del Myanmar per limiti di tempo. Qua trovate il suo intervento integrale riportato da Mondo e Missione, mentre a questo link potete proprio rivedere il suo intervento, a partire dal minuto 52:00. 

Sempre allo stesso link potete rivedere anche tutti gli altri interventi, molto interessanti, dei quali segnaliamo sicuramente l’intervento finale di don Bruno Bignami che ha portato una lettura molto interessante del Land Grabbing come una serie di sottrazioni: di lavoro, di biodiversità, di cibo e di comunità. Presentando così il fenomeno globale come parte di una crisi socio-ambientale che non può essere affrontata senza un approccio da “ecologia integrale”.

Il suo intervento ci è piaciuto molto perché anche i nostri progetti di sviluppo rurale cercano di rispondere allo stesso approccio, cercando di combattere al contempo la crisi climatica ambientale e la povertà dei coltivatori nello stato Shan.

Ci sembra quindi sempre più importante il nostro intervento nelle comunità agricole dello stato Shan dove tutti i contadini che partecipano alla formazione agricola, partecipano anche a corsi sulla proprietà delle terre. Abbiamo iniziato ad organizzare questa attività nel 2018, approfittando dell’apertura avvenuta in seguito alla revisione del sistema normativo. I training iniziano quindi con un’introduzione del quadro normativo, per illustrare ai contadini i diversi tipi di classificazione della terra e le leggi che li tutelano. Procediamo poi a fare insieme a loro una mappatura del villaggio per definire i confini dei terreni e verificare la categoria in cui sono classificati, individuando i diritti che possono esercitare. Infine li accompagniamo nel processo di registrazione.

Proprio la settimana precedente al convegno, la nostra agronoma aveva visitato una comunità di villaggi che ha seguito il training per la proprietà delle terre nel 2020. Si tratta di una comunità di 203 famiglie, quasi tutte vivono di agricoltura di sussistenza coltivando mais, riso e fagioli. Quando li abbiamo incontrati nessuno aveva in mano un documento di proprietà delle terre, anche se tutti pensavano di esserne proprietari semplicemente per il fatto che quelle stesse terre erano arate e coltivate dalle loro famiglie da generazioni. Quando hanno realizzato che senza una registrazione le loro terre erano considerate “inoccupate”, e quindi a rischio di esproprio, tutti hanno voluto avviare il processo di registrazione. Il processo ha richiesto molto tempo, ci è voluto quasi un anno per effettuare tutte le verifiche e completare la registrazione.

Quando l’agronoma è andata a trovarli poco tempo fa, hanno raccontato che nei mesi precedenti si era recata nel villaggio una compagnia straniera che voleva 80 acri di terreno per un progetto agricolo di coltivazione di mais. La comunità aveva da poco terminato il processo di registrazione e, grazie al fatto di avere in mano un titolo, hanno potuto opporsi e conservare la loro terra.

E’ stata quindi molto apprezzata, nell’ambito del convegno, la testimonianza riportata da Francesca di uno dei coltivatori, U Lone Su, che dice: «Abbiamo rifiutato la proposta e non abbiamo venduto la nostra terra. Questa terra è coltivata dalle nostre famiglie da generazioni, ci appartiene. La terra, il suolo, le nostre risorse naturali sono la cosa più importante che abbiamo».

E proprio queste parole sintetizzano il rapporto prodotto da Focsiv e il senso del convegno, che si concludeva proprio con questo motto: “LA TERRA A CHI LA COLTIVA”!

Ringraziamo Francesca per aver presentato il nostro lavoro in maniera eccelsa e il nostro staff in loco che porta avanti con dedizione e costanza, nonostante i tempi difficili, un lavoro di fondamentale importanza sia a livello locale che a livello globale.