SVILUPPO INCLUSIVO SU BASE COMUNITARIA (SIBC)

SVILUPPO INCLUSIVO SU BASE COMUNITARIA (SIBC)

Lo Sviluppo Inclusivo su Base Comunitaria (SIBC) è una strategia di sviluppo che mira ad assicurare alle persone con disabilità il rispetto e l’inclusione nelle loro comunità su basi eque in tutte le aree della vita. E’ centrato sulle persone, guidato dalle comunità e basato sui diritti umani.

Lo SIBC è un contributo essenziale alla vision di NHI e un approccio chiave per realizzare la Convenzione dei Diritti delle Persone con Disabilità senza lasciare nessuno indietro anche nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili. Lo SIBC è la naturale evoluzione della Riabilitazione su Base Comunitaria (RBC) avviata dall’OMS a seguito della Dichiarazione di Alma-Ata nel 1978 nel tentativo di: migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie; soddisfare i loro bisogni di base; assicurarne l’inclusione e la partecipazione.

In tutti i nostri progetti nel settore della disabilità applichiamo questo approccio e tutti i nostri programmi di RBC si stanno ora integrando come programmi di SIBC.

COSA FA LO SVILUPPO INCLUSIVO SU BASE COMUNITARIA?

Sebbene inizialmente fosse una strategia per aumentare l’accesso ai servizi di riabilitazione in contesti con risorse limitate (come ex-RBC), lo SIBC è ora un approccio multisettoriale che lavora per migliorare la parità di opportunità e l’inclusione sociale delle persone con disabilità, combattendo nel contempo il ciclo perpetuo di povertà e disabilità, lavorando con e attraverso i gruppi locali e le istituzioni.

Lo SIBC viene implementato attraverso gli sforzi combinati delle persone con disabilità, delle loro famiglie e comunità e dei servizi sanitari, educativi, professionali, sociali e di altro tipo governativi e non governativi (definizione OMS).

Questo approccio è orientato alle sfide sperimentate dalle persone con disabilità, le loro famiglie e comunità in modi pratici. Ad esempio offre l’opportunità di entrare a far parte dei gruppi di auto-mutuo-aiuto o di attività di sussistenza. Nell’attuale contesto e orientamento per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per l’Agenda 2030, lo SIBC è sempre più rilevante.

Come per la precedente RBC, anche i programmi di SIBC possono includere attività di salute, educazione, sussistenza, sociali o di empowerment, lavorando strettamente con i partner locali, i governi locali e le associazioni per portare cambiamento. Lo SIBC promuove in particolare la partecipazione e la voce delle persone con disabilità nei processi decisionali a livello locale. Nelle aree ad alto rischio lo SIBC include attività che orientano le comunità alla preparazione e resilienza per i momenti in cui accadono disastri.

IL NOSTRO STAFF                                                  

In questo tipo di approccio grande merito va dato al nostro partner, la Fondazione don Carlo Gnocchi, che ha un’esperienza pluriennale in questo campo in diversi paesi. Ci stanno supportando nel campo della disabilità in Myanmar e stanno formando tutto il nostro staff anche su questo tipo di approccio aiutandoci a trasformare tutti i nostri progetti sulla base di questi principi. Una collaborazione davvero preziosa!

Anche in India stiamo seguendo gli stessi principi e stiamo formando il nostro staff su questo tipo di approccio.

Crediamo fermamente che per costruire forti comunità serva focalizzarsi su un equo accesso a servizi di qualità e sulla partecipazione civica mirata a supportare le persone con disabilità, le loro famiglie e organizzazioni, per partecipare a pieno alla vita sociale, economica e politica delle loro comunità.

Quindi per noi lo SIBC è un contributo essenziale alla nostra Vision per una reale Nuova Umanità nella quale le persone con disabilità vedano riconosciuti i loro diritti e raggiungano il loro pieno potenziale.

NUOVO PROGRAMMA PER LA DISABILITÀ A DALA

NUOVO PROGRAMMA PER LA DISABILITÀ A DALA

Grazie alla collaborazione con la Fondazione don Carlo Gnocchi siamo riusciti ad avviare negli scorsi mesi un programma di Sviluppo Inclusivo su Base Comunitaria a  Dala, nella periferia di Yangon. Ecco la testimonianza della coordinatrice in loco, Teresa Sassu.

 La collaborazione con la Fondazione Don Carlo Gnocchi nasce in seguito ad una loro visita in Myanmar ancora nel 2018. Dopo questa visita si è avviata una partnership grazie alla quale la FDCG è riuscita a mandare nel 2020 una coordinatrice, Teresa Sassu, che ha aperto le possibilità di avviare nuove collaborazioni nel settore della disabilità. Dopo averci aiutato a migliorare l’approccio alla disabilità dei progetti già avviati a Taunggyi e a Yangon, ha contribuito ad avviare nuovi progetti per lo Sviluppo Inclusivo su Base Comunitaria (un’evoluzione della Riabilitazione su Base Comunitaria che già conoscete) nella zona di Kyaing Tong e nella periferia di Yangon.

Dopo aver avviato il Dayamit Community College e aver effettuato alcune distribuzioni alimentari a Dala, un quartiere periferico di Yangon,  il nostro staff in loco ha rilevato un crescente bisogno nel settore della disabilità. La collaborazione con la FDCG è stata quindi preziosissima per rispondere in maniera tempestiva a questi bisogni.

Vi riportiamo di seguito le parole di Teresa:

“L’intervento congiunto NHI-FDCG a Dala è iniziato nell’aprile 2021, a due mesi dal colpo di Stato che ha messo in ginocchio il Paese già duramente colpito dal Covid. Abbiamo iniziato con una prima mappatura della zona e l’individuazione delle famiglie con una persona disabile a carico, con lo scopo di avviare delle attività che rispondessero ai loro bisogni riabilitativi, educativi e di inclusione sociale, come previsto dalla strategia SIBC (Sviluppo Inclusivo su Base Comunitaria) dell’OMS.

Il progetto riabilitativo si è iniziato a sviluppare presso il Dayamit Community College, con l’intenzione di sensibilizzare gli studenti e I frequentatori della scuola al “diverso”. Poter vedere persone con disabilità fisiche o con evidenti ritardi dello sviluppo e osservare il lavoro di riabilitazione portato avanti da un fisioterapista e un terapista Meziere ha permesso di far conoscere realtà sconosciute ai più.

I primi mesi sono serviti a gettare le basi in termini di sensibilizzazione e presa di coscienza di alcune condizioni di salute e di professioni riabilitative (quali il fisioterapista), oltre che di approccio incentrato sulla persona (tipico di FDCG), olistico e multidisciplinare nel lavoro “con” e “per” le persone con disabilità.

Da marzo 2022 esiste un centro riabilitativo separato nel quale opera il Team Riabilitativo composto da una fisioterapista, un terapista Meziere e 3 promotori. È una squadra composta da ragazzi entusiasti e volenterosi che si stanno mettendo in gioco per contribuire allo sviluppo della propria comunità.

Settimanalmente, i 18 beneficiari del programma svolgono esercizi di fisioterapia ed educazione speciale, spesso in compagnia di bambini che vivono nelle vicinanze e che hanno perfettamente colto il senso di vicinanza e cura dell”Altro” in condizioni di necessità. È molto bello osservare i primi passi verso l’inclusione e poter contare su una comunità che sta iniziando a capire la tipologia di intervento che portiamo avanti.

Concretamente, questo si sviluppa in sedute terapeutiche e attività di gruppo con minori e famiglie a cadenza settimanale, in referral medici e in visite domiciliari. Parallelamente, proponiamo percorsi di formazione professionale e motivazionale degli operatori e avviamo collaborazioni con altre realtà locali perché i beneficiari ricevano un appropriato assessment clinico.

Il lavoro da fare è tanto, soprattutto in termini di mentalità e approccio alla disabilità: dalla presa in carico della persona, osservandone e soddisfacendone i bisogni, all’esplorarne le capacità in modo da aiutarla a vivere una vita dignitosa e piena, per quanto possibile.

Una particolarità del progetto di Dala è che i promotori sono tutti maschi, cosa abbastanza inusuale: di solito, nella società birmana, è la donna che svolge il ruolo di caregiver. Anche questo può essere un piccolo segnale di cambiamento di mentalità, scardinando lo stereotipo secondo il quale il ruolo di cura e assistenza sia prerogativa femminile e promuovendo un ruolo più attivo e partecipe del genere maschile.

Al momento le sfide sono molteplici, a partire dalla forte instabilità politica che non permette di lavorare serenamente, visti i controlli da parte dei militari, i numerosi checkpoints e il divieto per le moto di circolare per il sobborgo. Questo comporta un notevole disagio, limitando gli spostamenti e obbligando il Team a trovare sempre nuove strategie per far fronte al problema del trasporto.

Nonostante ciò, grazie alla motivazione, al forte spirito di gruppo e alla dedizione del Team, continuiamo a fornire il nostro supporto e a implementare le diverse attività che abbiamo pensato per il prossimo futuro, a partire dagli assessment clinici e agli incontri di sensibilizzazione dei genitori sul tema della disabilità che avverranno nel mese di luglio.”

 

Non ci resta che augurare buona fortuna a Teresa e a tutto il team riabilitativo per questa nuova avventura, siamo certi che il loro lavoro migliorerà concretamente la vita di tante persone!

IL LAND GRABBING IN MYANMAR, IL NOSTRO PROGETTO DI AGROFORESTAZIONE AL SENATO

IL LAND GRABBING IN MYANMAR, IL NOSTRO PROGETTO DI AGROFORESTAZIONE AL SENATO

Martedì scorso, 28 giugno, la nostra desk officer Francesca Benigno ha presentato il caso Myanmar in occasione del convegno “I padroni della terra” organizzato presso il Senato della Repubblica Italiana per la presentazione del V rapporto di Focsiv sul Land Grabbing a livello mondiale.

Dopo aver partecipato alla campagna “Abbiamo riso per una cosa seria” organizzata da Focsiv, grazie alla quale i nostri volontari hanno venduto il riso per supportare il nostro progetto di agro-forestazione nello stato Shan, siamo stati invitati a presentare il nostro progetto nel corso di questo convegno per esporre il caso del land grabbing in Myanmar e quello che stiamo facendo concretamente con i nostri training sulla proprietà delle terre.

È difficile misurare la portata del fenomeno del Land Grabbing in Myanmar in quanto non esistono dati affidabili né un registro nazionale delle acquisizioni. Tuttavia è certo che si parli di milioni di acri, e quindi di un fenomeno che interessi milioni di persone. Le stime fatte dai principali enti di ricerca parlano di cifre comprese tra i 5 ed i 6 milioni di acri confiscati, a cui si dovrebbero sommare le terre abbandonate dalle centinaia di migliaia di sfollati e occupate dal governo.

Francesca ha esposto diversi dati molto interessanti, senza però poter approfondire troppo la situazione del Myanmar per limiti di tempo. Qua trovate il suo intervento integrale riportato da Mondo e Missione, mentre a questo link potete proprio rivedere il suo intervento, a partire dal minuto 52:00. 

Sempre allo stesso link potete rivedere anche tutti gli altri interventi, molto interessanti, dei quali segnaliamo sicuramente l’intervento finale di don Bruno Bignami che ha portato una lettura molto interessante del Land Grabbing come una serie di sottrazioni: di lavoro, di biodiversità, di cibo e di comunità. Presentando così il fenomeno globale come parte di una crisi socio-ambientale che non può essere affrontata senza un approccio da “ecologia integrale”.

Il suo intervento ci è piaciuto molto perché anche i nostri progetti di sviluppo rurale cercano di rispondere allo stesso approccio, cercando di combattere al contempo la crisi climatica ambientale e la povertà dei coltivatori nello stato Shan.

Ci sembra quindi sempre più importante il nostro intervento nelle comunità agricole dello stato Shan dove tutti i contadini che partecipano alla formazione agricola, partecipano anche a corsi sulla proprietà delle terre. Abbiamo iniziato ad organizzare questa attività nel 2018, approfittando dell’apertura avvenuta in seguito alla revisione del sistema normativo. I training iniziano quindi con un’introduzione del quadro normativo, per illustrare ai contadini i diversi tipi di classificazione della terra e le leggi che li tutelano. Procediamo poi a fare insieme a loro una mappatura del villaggio per definire i confini dei terreni e verificare la categoria in cui sono classificati, individuando i diritti che possono esercitare. Infine li accompagniamo nel processo di registrazione.

Proprio la settimana precedente al convegno, la nostra agronoma aveva visitato una comunità di villaggi che ha seguito il training per la proprietà delle terre nel 2020. Si tratta di una comunità di 203 famiglie, quasi tutte vivono di agricoltura di sussistenza coltivando mais, riso e fagioli. Quando li abbiamo incontrati nessuno aveva in mano un documento di proprietà delle terre, anche se tutti pensavano di esserne proprietari semplicemente per il fatto che quelle stesse terre erano arate e coltivate dalle loro famiglie da generazioni. Quando hanno realizzato che senza una registrazione le loro terre erano considerate “inoccupate”, e quindi a rischio di esproprio, tutti hanno voluto avviare il processo di registrazione. Il processo ha richiesto molto tempo, ci è voluto quasi un anno per effettuare tutte le verifiche e completare la registrazione.

Quando l’agronoma è andata a trovarli poco tempo fa, hanno raccontato che nei mesi precedenti si era recata nel villaggio una compagnia straniera che voleva 80 acri di terreno per un progetto agricolo di coltivazione di mais. La comunità aveva da poco terminato il processo di registrazione e, grazie al fatto di avere in mano un titolo, hanno potuto opporsi e conservare la loro terra.

E’ stata quindi molto apprezzata, nell’ambito del convegno, la testimonianza riportata da Francesca di uno dei coltivatori, U Lone Su, che dice: «Abbiamo rifiutato la proposta e non abbiamo venduto la nostra terra. Questa terra è coltivata dalle nostre famiglie da generazioni, ci appartiene. La terra, il suolo, le nostre risorse naturali sono la cosa più importante che abbiamo».

E proprio queste parole sintetizzano il rapporto prodotto da Focsiv e il senso del convegno, che si concludeva proprio con questo motto: “LA TERRA A CHI LA COLTIVA”!

Ringraziamo Francesca per aver presentato il nostro lavoro in maniera eccelsa e il nostro staff in loco che porta avanti con dedizione e costanza, nonostante i tempi difficili, un lavoro di fondamentale importanza sia a livello locale che a livello globale.

I BAMBINI SFOLLATI RICONQUISTANO UN PO’ DI SPERANZA

I BAMBINI SFOLLATI RICONQUISTANO UN PO’ DI SPERANZA

Da Febbraio 2022 ad oggi 211 bambini sfollati nella città di Taunggyi hanno potuto frequentare di nuovo la scuola e riconquistare un po’ di speranza. Ecco alcuni aggiornamenti dal coordinatore di progetto di “Do Giaong – La nostra Scuola.

“Inizialmente nata come centro di riabilitazione per tossicodipendenti e alcolisti, sin dall’inizio dei disordini politici a seguito del colpo di Stato, La Casa dei Sogni ha aperto le porte a famiglie, giovani e anziani in fuga dalle zone di conflitto o da diversi tipi di persecuzione e oppressione.

I primi gruppi di persone sono arrivate la seconda settimana di Febbraio 2021, e fino ad oggi La Casa dei Sogni ha dato ospitalità a centinaia di persone. Grazie alla campagna di sostegno dei rifugiati in Myanmar, si è potuto raggiungere e dare supporto logistico, alimentare e sanitario a migliaia di rifugiati sparsi in un territorio molto vasto che tocca almeno quattro Diocesi: Loikaw, Phekon, Taunggyi, Taungoo.

Verso la fine di Dicembre 2021, parlando con le famiglie presenti in casa, è emersa l’urgenza di far fronte al grande vuoto educativo che si è creato negli ultimi due anni, anche a causa della pandemia. Nel quartiere della città dove si trova la La Casa dei Sogni ci sono anche altri centri di accoglienza per rifugiati. In un incontro tra i responsabili di questi centri, abbiamo preso la decisione di aprire un nuovo spazio educativo per ragazzi e ragazze in età scolare, tutti sfollati di guerra.

La scuola ha aperto il 3 Febbraio 2021 con piu’ di 180 ragazzi e ragazze divisi in due sezioni: la sezione La Casa dei Sogni e la sezione Bambino Gesù (la sezione Bambino Gesù è un orfanotrofio e centro di accoglienza per persone con diversi tipi di disabilità, gestito dalle Suore di Maria Bambina).

Da allora il numero degli studenti è salito e ad oggi la scuola accoglie 211 studenti.

Abbiamo iniziato questo percorso senza sapere bene se saremmo riusciti e portarlo avanti anche solo per qualche settimana, con l’incognita di controlli da parte delle autorità attualmente al potere, e senza poter prevedere quale fosse la condizione psicologica dei ragazzi e delle ragazze che hanno chiesto di poter fare questo cammino con noi.

L’obiettivo della scuola è formativo e riabilitativo in senso molto ampio. La nostra attenzione èrivolta anzitutto alla scoperta, all’ascolto e, per quanto possibile, alla cura di diversi tipi di trauma a cui questi ragazzi e ragazze sono andati incontro: aggressione da parte dei militari, morte violenta, abusi di vario genere. Nella storia e nella memoria recente di questi bambini e giovani c’è tanta violenza subita.

Lo strumento formativo che con il corpo insegnante abbiamo voluto enfatizzare è la relazione con gli studenti. Il nostro desiderio è quello di far percepire ai bambini e ai giovani la presenza di adulti non pericolosi, adulti di cui ci si possa fidare, a cui si possa affidare la propria storia, il proprio cammino, e riattivare così un percorso comune di ricostruzione del futuro, o quanto meno del desiderio del futuro.

Attraverso questa relazione formativa e riabilitativa, le lezioni cercano di favorire la condivisione dei sentimenti, la stabilita’ dei legami tra gli studenti, riattivare i processi motivazionali, accendere una nuova fantasia positiva sul futuro.

La Do Giaong è un percorso di crescita per tutti: per gli studenti che la frequentano, per gli insegnanti che camminano con i bambini e giovani, per i rifugiati che vivono ne La Casa dei Sogni.”

Ringraziamo quindi di cuore tutti quelli che ci hanno permesso di realizzare questo sogno e di ridare un po’ di speranza a questi bambini, vi terremo aggiornati!

 

 

L’ALVEARE D’ORO A SAN SIRO!

L’ALVEARE D’ORO A SAN SIRO!

“Il futuro comincia da qui!”

Sabato scorso, all’incontro dei cresimandi a San Siro con l’arcivescovo Mario Delpini, la FOM ha deciso di presentare a tutti un nostro progetto in Myanmar: il Golden Beehive, l’Alveare d’oro!

Non solo 40.000 persone hanno potuto vedere il video di presentazione del progetto in anteprima in quella giornata, ma il progetto è arrivato in ogni parrocchia della diocesi perchè faceva parte del percorso dei 100 giorni in preparazione alla cresima.

Tanti i gruppi di catechismo che hanno dedicato una raccolta speciale per i bambini di Insein, alcuni con una creatività e un’originalità che ci hanno fatto commuovere. ecco alcune foto arrivate dalla parrocchia di Verano Brianza e dalla parrocchia di Somma Lombardo, guardate che capolavori!

Vi vogliamo anche mostrare il video di presentazione del progetto che è stato proiettato sabato scorso, in cui il nostro program manager, José Magro, racconta come è partito e come sta andando questo nuovo progetto.

Tanti i giornali che parlano dell’evento citando anche il progetto di New Humanity, vi riportiamo il servizio del TG3 di sabato sera, un articolo di Milano Today e un articolo del sito della Chiesa di Milano.

Come già sapete, si tratta di una piccola scuola d’infanzia per bambini di 4 anni, per avviare un lavoro di educazione prescolare e, parallelamente, avvicinarci alle famiglie per sensibilizzare sui temi della salute e dell’igiene.

In questo slum vivono 350 famiglie, per un totale di circa 1500 persone, tra cui 89 bambini sotto i 5 anni.

Il nome scelto per la scuola è Golden Beehive, alveare d’oro. L’alveare come comunità in cui uno si prende cura dell’altro, in cui ognuno ha il suo ruolo e chi detiene la leadership sa farsi guida dei più piccoli. Oro perché è il colore sacro per il popolo birmano.

L’avvio della scuola e la definizione del programma sono state possibili grazie alla supervisione di Josè Magro, psicologo con specializzazione in psicologia dello sviluppo e dell’educazione.

Il 25 aprile, sono stati accolti 60 bambini per il loro primo giorno effettivo di scuola!

La costruzione della scuola è andata a gonfie vele e la formazione degli insegnanti si è già conclusa. 

Nella scuola vengono insegnate le materie propedeutiche all’inserimento scolastico, ma si dà molta attenzione allo sviluppo delle capacità relazionali e alla crescita emotiva dei bambini.

Per accogliere un maggior numero di bambini, la giornata è stata organizzata in 2 turni, accogliendo 31 bambini al mattino e 29 bambini al pomeriggio.

Se volete contribuire a questo progetto potete vedere la scheda del progetto e trovare le modalità per sostenerlo a questa pagina.

Ora non ci resta che assistere al meraviglioso cambiamento che produrrà questo nuovo centro nella baraccopoli, vi terremo aggiornati!

 

 

È PARTITO L’ALVEARE D’ORO!

È PARTITO L’ALVEARE D’ORO!

“Il futuro comincia da qui!”

Ancora grandi notizie da Yangon! Ricordate il nuovo progetto educativo in una baraccopoli di Insein? Ieri è stato il primo giorno di scuola al nuovo centro Golden Beehive!

Si tratta di una piccola scuola d’infanzia per bambini di 4 anni, per iniziare un lavoro di educazione prescolare e, parallelamente, avvicinarci alle famiglie per sensibilizzare sui temi della salute e dell’igiene.

In questo slum vivono 350 famiglie, per un totale di circa 1500 persone, tra cui 89 bambini sotto i 5 anni.

Il nome scelto per la scuola è Golden Beehive, alveare d’oro. L’alveare come comunità in cui uno si prende cura dell’altro, in cui ognuno ha il suo ruolo e chi detiene la leadership sa farsi guida dei più piccoli. Oro perché è il colore sacro per il popolo birmano.

L’avvio della scuola e la definizione del programma sono state possibili grazie alla supervisione di Josè Magro, psicologo con specializzazione in psicologia dello sviluppo e dell’educazione

Lo scorso 23 aprile si è svolta la prima riunione con i genitori mentre ieri, 25 aprile, sono stati accolti 60 bambini per il loro primo giorno effettivo di scuola!

La costruzione della scuola è andata a gonfie vele e la formazione degli insegnanti si è già conclusa. 

Nella scuola saranno insegnate le materie propedeutiche all’inserimento scolastico, ma sarà anche data molta attenzione allo sviluppo delle capacità relazionali e alla crescita emotiva dei bambini.

Sarà data speciale attenzione all’individuazione di casi di fragilità, per poter iniziare percorsi di accompagnamento psicologico ai singoli bambini e alle loro famiglie.

Per accogliere un maggior numero di bambini, la giornata è stata organizzata in 2 turni, accogliendo 31 bambini al mattino e 29 bambini al pomeriggio.

Se volete contribuire a questo progetto potete vedere la scheda del progetto e trovare le modalità per sostenerlo a questa pagina.

Ora non ci resta che assistere al meraviglioso cambiamento che produrrà questo nuovo centro nella baraccopoli, vi terremo aggiornati!